Una chiacchierata con Luca Berardo

Dopo anni vissuti a Parigi con un ruolo prestigioso nel settore finanziario tra fusioni e acquisizioni, Luca Berardo ha capito un elemento fondamentale: voleva far parte della realizzazione di un progetto, non solo definirne la strategia. E così, con alle spalle una laurea in Economia, una in Comunicazione e un master in Finanza alla storica Escp Business School di Parigi, ha lasciato il lavoro alla Ernst & Young e la capitale francese per tornare in Italia ed entrare nell’azienda di famiglia divenendo via via Amministratore delegato di Casaikos S.p.A. e Honei (Holding Negozi Italiani) e presidente di Assoposa e Sercomated.

Tile Italia: Un cambio di rotta importante. Cosa l’ha spinta a farlo?

Luca Berardo: Parigi è una città che amo profondamente. Lì ho studiato e lavorato e il settore finanza, fusioni-acquisizioni, mi ha dato tanto. Mi ha insegnato la resistenza, la capacità di lavorare in team e la disciplina nel raggiungere gli obiettivi. Ma mancava qualcosa: il risultato finale non era mai mio. Noi fornivamo strategie, ma l’ownership dell’applicazione era di altri. A un certo punto mi sono detto: basta slide, strategie e visioni. Voglio costruire qualcosa dall'inizio alla fine, assumendomi tutti i rischi e le responsabilità.

Tile Italia: E così è tornato nel business di famiglia?

Luca Berardo: Esatto. La mia famiglia ha una lunga storia imprenditoriale. Siamo nati come produttori di piastrelle in graniglia e polvere di marmo dagli anni ’40 fino agli ’80. Poi il mercato è cambiato e mio padre, rappresentante della seconda generazione, ha preso una decisione coraggiosa: abbandonare la produzione e puntare sulla distribuzione, estendendola anche all'estero. Quando sono entrato in azienda, ho cercato di portare avanti questa mentalità di evoluzione continua, ampliando il raggio d’azione del gruppo con nuovi settori paralleli.

Tile Italia: Ha costruito un nuovo team?

Luca Berardo: In parte sì. Non volevo stravolgere tutto in un colpo solo: ho coinvolto gradualmente persone di fiducia, facendo in modo che chi sceglieva di entrare in questa nuova fase del progetto lo facesse in maniera consapevole. Oggi, chi è partito con me è ancora con me. Insieme abbiamo costruito una squadra che ha saputo dare nuova identità al gruppo, portandolo al livello successivo.

Tile Italia: Qual è la qualità imprescindibile per chi lavora con lei?

Luca Berardo: Le qualità umane. Le competenze tecniche si possono acquisire con corsi, formazione, aggiornamenti. Ma le qualità umane o le hai, o non le hai. Oggi cerco soprattutto soft skills, in particolare la capacità di creare e mantenere relazioni.

Tile Italia: Il suo talento segreto?

Luca Berardo: Non credo di avere talenti particolari. Sono semplicemente molto curioso e ho avuto la fortuna di poter viaggiare, studiare, conoscere persone e arricchirmi di esperienze.

Tile Italia: Quanto ha influito l’intuito nel suo percorso?

Luca Berardo: Direi più la condivisione che il puro intuito. Il nostro gruppo è composto da quattro famiglie, ognuna con una storia e una visione diversa. Questa diversità ci ha permesso di analizzare le sfide del mercato da molteplici angolazioni. Se parliamo di intuizione, forse l’idea di entrare nel settore dell’arredo, delle porte, dei serramenti e dei tessuti quindici anni fa lo è stata. Ma era supportata dall’osservazione di modelli simili all’estero.

Tile Italia: Un progetto di cui è particolarmente orgoglioso?

Luca Berardo: Sono due. La filiale di None (TO) perché è stata la prima in cui abbiamo sperimentato il nuovo concetto di gruppo che poi abbiamo replicato ovunque. Abbiamo unito quattro settori che fino ad allora esistevano separatamente, con difficoltà iniziali enormi. Ma il fatto di aver sbagliato prima degli altri ci ha dato un vantaggio competitivo: quando il mercato ha riconosciuto quel modello, noi avevamo già anni di esperienza alle spalle.

Tile Italia: E il secondo?

Luca Berardo: L’apertura della nostra filiale in Francia, avvenuta tredici anni fa, è stata una delle sfide più stimolanti che abbiamo affrontato. Riuscire, insieme al nostro team, a costruire una storia imprenditoriale di successo in un mercato competitivo come quello francese, conquistando spazio e clienti a realtà distributive già affermate, è per noi motivo di grande orgoglio e adrenalina. Il nostro modello di showroom, basato sulla convivialità e sulla valorizzazione degli aspetti culturali e umani del prodotto ceramico italiano, è stato il vero punto di forza che ci ha permesso di distinguerci e consolidare la nostra presenza.

Tile Italia: Da bambino cosa sognava di fare?

Luca Berardo: Ero affascinato dall’archeologia e dal giornalismo. Storia e parola sono due elementi che mi hanno sempre appassionato. Poi la vita mi ha portato altrove, ma ho mantenuto la curiosità e il desiderio di conoscere.

Tile Italia: Come vede le nuove generazioni?

Luca Berardo: Le vedo bene. Sono fiducioso nei giovani e non sposo la narrazione negativa che spesso li riguarda. Certo, devono affrontare sfide nuove e spero che facciano un percorso e non si lascino incantare dalle sirene di una vita facile e tranquilla. Se guardo il mio cammino, capisco di essermi spesso costretto a vivere un po’ scomodo. Questo mi ha aiutato enormemente perché poi la vita, così, diventa piacevole: entri in contesti nuovi, ti senti inadatto e devi studiare. Vedo questa attitudine nei giovani di oggi, la voglia di mettersi alla prova. Se la manterranno, saranno una risorsa importantissima. Ma lo sono già di base.

Tile Italia: Perché?

Luca Berardo: Ogni nuova generazione è una risorsa… e deve anche metterci un po’ in crisi! Se non lo fa, qualcosa non funziona. Io sono stato una spina nel fianco per la generazione prima della mia, e oggi, inevitabilmente, sono io a esporre il fianco ai più giovani.

Tile Italia: C’è un luogo che la rende felice?

Luca Berardo: Decine di luoghi! Ho la fortuna di sentirmi felice in quasi tutti i posti in cui mi trovo. Non solo in città straordinarie. Certo, Parigi la porto nel cuore, Ginevra è un posto speciale dove ho molti amici e torno spesso. New York e Miami le conosco profondamente. Ma la verità è che il luogo conta fino a un certo punto: è lo stato d’animo che fa la differenza.

Tile Italia: E per suo figlio cosa si augura?

Luca Berardo: Non voglio dire banalità… ma in fondo spero che abbia una vita complicata. Non nel senso di difficile, ma nel senso che se la complichi, che non si adagi, che abbia voglia di mettersi in discussione. Se farà questo, troverà una soddisfazione profonda.

Luca Berardo con il figlio Alessandro

Luca Berardo con il figlio Alessandro

Tile Italia: Quindi sarai un papà ‘scomodo’?

Luca Berardo: Sicuramente! Ma, in fondo, chi non ha avuto genitori un po’ scomodi? Se no, non saremmo complicati come siamo! (ride) Per ora lo ‘costringo’ a seguirmi nelle gallerie d’arte e a conoscere i miei amici artisti. Spero che lo aiuti a sviluppare curiosità e apertura mentale.

Tile Italia: Com’è casa sua? C’è un colore che spicca?

Luca Berardo: No, direi di no, perché ci sono tanti colori! Tanti quadri, di grandi dimensioni… insomma, tanti colossi. È un ambiente molto vivo, molto dinamico.

Tile Italia: E gli armadi?

Luca Berardo: (Ride) Ecco, qui arriva il punto di vista di Benedetta (la compagna, ritratta nella foto in basso. NDR.) Lei dice che un armadio, ogni tanto, serve. Ed effettivamente… ha ragione! Quando ci siamo conosciuti in casa mia non ce n’erano. Zero. Avevo solo degli appendini da negozio. Appoggiati alle pareti c’erano quadri disposti su più file. Gli armadi non li concepivo proprio. Poi, con la convivenza… sono migliorato!

Tile Italia: Com’è stato iniziare questa nuova avventura insieme?

Luca Berardo: Bellissimo! È andato tutto liscio da subito. Benedetta è una ragazza marchigiana che arriva dal mondo della moda e del retail, e ha portato nel nostro gruppo una ventata di freschezza ed energia..

Tile Italia: Anche nel lavoro ha portato un tocco di novità?

Luca Berardo: Assolutamente sì! È entrata in Casa Fornengo, una realtà storica del mercato torinese, che abbiamo acquisito quattro anni fa. Oggi è parte di un team giovane e affiatato, che ha davvero dato una nuova spinta al brand.

Benedetta

Benedetta

Tile Italia: Come riesce a bilanciare vita privata e lavoro?

Luca Berardo: Non le distinguo. Per me è un flusso unico: faccio tante cose, ma tutte fanno parte dello stesso percorso. Non ho mai sentito la necessità di "staccare", semplicemente cambio attività, ma tutto si intreccia.

Tile Italia: C’è un movimento artistico o un artista che sente particolarmente vicino?

Luca Berardo: Mia nonna mi ha fatto scoprire la scuola partenopea dell’Ottocento, con pittori molto classici, che trovavo un po’ pesanti. Mia madre, invece, mi ha avvicinato all’arte contemporanea, in particolare al gruppo Forma 1: Dorazio, Perilli… per me è stata una rivelazione! Poi è arrivato Warhol, che mi ha davvero colpito con i suoi monotipi. Da lì, ho iniziato a seguire il figurativo materico, la scuola torinese con Daniele Galliano, Manuele Cerutti… Sono artisti che non appartengono ancora a un movimento preciso, ma che trovo incredibilmente interessanti.

Tile Italia: L’impegno associativo è una parte importante della sua vita. Da dove nasce questa vocazione?

Luca Berardo: È qualcosa che credo di avere ereditato. Mio nonno, mio padre… nella mia famiglia c’è sempre stata l’idea che, se hai avuto la fortuna di crescere in un certo contesto, è giusto restituire qualcosa e contribuire alla crescita del mercato e della società. È un pensiero che ho fatto mio e che guida molte delle mie scelte.

Tile Italia: Un tempo il posatore era considerato un mestiere minore. Oggi è una professione certificata e riconosciuta. Cosa è cambiato?

Luca Berardo: Quello che deve cambiare – e su cui insisto molto – è la narrazione. Per troppo tempo si è detto: ‘Se non studi, vai a lavorare’. Un messaggio terribile! Lavorare e studiare non sono alternative: sono percorsi che possono coesistere e intrecciarsi. Le professioni artigiane non sono una ‘scelta di serie B’. Richiedono studio continuo. Antonio Calabrò dice che gli artigiani sono ‘mani che pensano’. Prima usi la testa, poi le mani. Dobbiamo far capire ai giovani che questo è un percorso di carriera serio e pieno di opportunità.

Tile Italia: Come vede evolvere il settore dell’edilizia nei prossimi dieci anni?

Luca Berardo: La tecnologia sarà sempre più presente, ma l’uomo che studia e si forma resterà sempre centrale. Al Cersaie dell'anno scorso abbiamo mostrato come la tecnologia aiuterà il settore, senza sostituirlo. Pensa agli esoscheletri per chi ha subito infortuni, o per chi deve fare movimenti ripetitivi: sono strumenti che migliorano la qualità del lavoro. Il settore delle costruzioni diventerà sempre più regolamentato e meno accessibile ai ‘dilettanti’. Chi vuole lavorare dovrà avere competenze reali, e questo è un bene.

Tile Italia: C’è ancora molta resistenza al cambiamento?

Luca Berardo: Ovviamente. Il cambiamento, prima di essere accettato, viene combattuto. È sempre stato così. Nel settore della ceramica, ad esempio, per decenni il modello di business è rimasto identico. Poi, pian piano, il prodotto si è evoluto, mentre la distribuzione e la vendita sono rimaste ferme per troppo tempo. Ma il cambiamento arriva, è inevitabile. Il punto è: vogliamo anticiparlo o rincorrerlo?

Tile Italia: Ultima domanda. E’ dove vorrebbe essere?

Luca Berardo: Sì. Sono in autostrada, il mio ambiente naturale. Scherzi a parte, sono esattamente dove voglio essere: in un percorso in continua evoluzione, pronto ad affrontare nuove sfide e a costruire il futuro.

Ritratto di famiglia

Ritratto di famiglia

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